In questi mesi, come anticipato, ho avuto il piacere di
provare e spremere a fondo diversi titoli per le varie console di casa e non:
PS4, Nintendo Switch, 3DS e financo smartphone (incredibile ma vero).
Vogliamo spenderle due parole su diversi titoli chehanno fatto mi hanno
occupato il bello e cattivo tempo negli ultimi cinque mesi? Così magari a
quest’ora un paio ve li beccate pure scontati e non a prezzo pieno come quel
minchia del sottoscritto? Ma certo che vogliamo…
Partiamo da questi tre
Spin-off, capitolo collaterale (ma perfettamente contestualizzato) dell’adventure Naughty Dog, una nuova storia tutta azione, colpi di scena, inseguimenti, tesori da scovare, sparatorie ed enigmi da risolvere, insomma il pacchetto completo delle classiche avventure di Nathan Drake. Però senza Nathan Drake.
Il protagonista si gode il meritato riposo dopo il rocambolesco Uncharted 4 e lascia la nuova avventura nelle mani di Chloe e Nadine, personaggi conosciuti negli episodi precedenti, qui protagoniste assolute alla ricerca della leggendaria Zanna di Ganesh, manufatto di culto indiano d’inestimabile valore.
L’action videoludico incontra ancora una volta quello più smaccatamente avventuroso del cinema anni 80, il rischio di finire spiaccicati in fondo a un dirupo o traforati come uno scolapasta è sempre altissimo, l’esplorazione si prende i suoi tempi e si sofferma in diverse occasioni per lasciare al giocatore l’opportunità di godere di alcuni degli scorci più belli mai visti nella serie (e nel mondo videoludico tutto, se è per questo).
La sceneggiatura di Uncharted 4 era sicuramente più elaborata (complice una durata della campagna offline ben maggiore), ma quella di THE LOST LEGACY non sfigura nel confronto, anzi risulta fruibilissima proprio perché molto più diretta, pronti via, brillante e dal ritmo serrato, prendendosi comunque la briga di approfondire come si deve le due protagoniste, il che non era certo scontato, così come non è scontato che la saga proceda con Chloe e Nadine lasciando Nathan in panchina, visto che…dai che lo sapete.
Unico neo? E’ il primo capitolo orfano di quel vecchio marpione mangiasigari di Sully, la qual cosa mi ha infastidito non poco, ma pazienza.
Dal predecessore, THE LOST LEGACY eredita personaggi, un motore grafico eccezionalmente ben bilanciato e meccaniche di gioco ormai consolidate, reimpacchettando il tutto in una campagna offline dalla durata sicuramente notevole per un’espansione stand alone (8 ore rigiocabilissime, cotiche!), senza contare il pieno supporto dello spassoso online di Uncharted 4.
Giocabilità e grafica da podio sull’ammiraglia Sony, il tasso di rigiocabilità è alto (io tre giri e mezzo filati glieli ho dedicati), inoltre, a quel prezzo, è praticamente una scelta obbligata.
TASSO DI “DEVO AVERLO” (espresso in gabbiani voraci di Nemo):
Con l’idraulico mustazzone di Nintendo, nonostante quello che uno sarebbe
portato a pensare sapendo della mia dipendenza grave per il mondo videoludico
tutto, il rapporto non è che sia sempre stato propriamente una crema.
Certo, i primi vagiti li ho emessi su NES col primo Super Mario Bros., proseguendo in lode e gloria col meraviglioso terzo capitolo, code da procione e cosce di rana comprese nel prezzo, ma non è stato certo sempre tutto rose e fiori, a partire da Super Mario Bros. 2 (per la storia del Doki Doki Panic reimpacchettato ad uso e consumo di noi pippe occidentali fatevi un giro su wikipedia, prego) e proseguendo tra avventure alla lunga mooolto ripetitive.
Tutto questo pippone per dire che si, apprezzo Mario (e il mai abbastanza compreso Luigi) e le sue sgambate multidimensionali ma, in soldoni, non tutto quello che ha un cappello rosso e una salopette luccica a priori.
Flashforward, 33 anni dopo (fischia) passando più volte dalle 2 alle 3 dimensioni, dai kart agli sport vari ed eventuali, dai remake di fatto ai paper/party/galassie di sorta, arriviamo a SUPER MARIO ODISSEY e finalmente il mondo ritorna a girare, o si ritorna a girare i mondi, a seconda.
Mettere le mani sull’ultima avventura del finto italoamericano più famoso del mondo (esistente o meno) è una di quelle cose che ti rimettono in pace con l’universo, che ti ridanno fiducia nell’umanità, a patto che si abbia un cuore e che, dopo decenni di sparatutto online e partite/mazzate varie, questo funzioni ancora.
SUPER MARIO ODISSEY fa parte della corrente dei Mario 3D e (come e più di Mario Galaxy 2) riesce a creare attorno al giocatore un’atmosfera e un universo progettato nei minimi dettagli al solo scopo di fargli inumidire gli occhi ed allargargli un sorriso così in faccia dall’inizio alla fine.
L’emozione di muoversi per questi scenari folli e bellissimi, pieni zeppi di cose da fare, nemici da affrontare e possederesessualmente, è la
quint’essenza di ciò che un videogioco, per sua natura, dovrebbe trasmettere al
suo fruitore.
Certo, quell’idiota di Peach s’è fatta rapire un’altra volta e va ovviamente salvata da quel mostrocoso di Bowser che, a giudicare dal vestito, perlomeno se la vuole portare all’altare stavolta (prima d’inchiappettarsela, chiaro) ma è pur sempre Mario, della storia anche ‘chissene’,
che il vero protagonista è il gameplay, totalmente rinnovato e svecchiato: con la trovata della “possessione” infatti il gameplay si apre a un ventaglio incredibile di possibilità e novità tutte da scoprire, capitolo dopo capitolo.
Titolo imprescindibile per la nuova console Nintendo, gioia per gli occhi e (soprattutto) per il cuore.
Vogliamo spenderle due parole su diversi titoli che
Partiamo da questi tre
"DLC ci chiami tua sorella!" |
Spin-off, capitolo collaterale (ma perfettamente contestualizzato) dell’adventure Naughty Dog, una nuova storia tutta azione, colpi di scena, inseguimenti, tesori da scovare, sparatorie ed enigmi da risolvere, insomma il pacchetto completo delle classiche avventure di Nathan Drake. Però senza Nathan Drake.
Il protagonista si gode il meritato riposo dopo il rocambolesco Uncharted 4 e lascia la nuova avventura nelle mani di Chloe e Nadine, personaggi conosciuti negli episodi precedenti, qui protagoniste assolute alla ricerca della leggendaria Zanna di Ganesh, manufatto di culto indiano d’inestimabile valore.
L’action videoludico incontra ancora una volta quello più smaccatamente avventuroso del cinema anni 80, il rischio di finire spiaccicati in fondo a un dirupo o traforati come uno scolapasta è sempre altissimo, l’esplorazione si prende i suoi tempi e si sofferma in diverse occasioni per lasciare al giocatore l’opportunità di godere di alcuni degli scorci più belli mai visti nella serie (e nel mondo videoludico tutto, se è per questo).
La sceneggiatura di Uncharted 4 era sicuramente più elaborata (complice una durata della campagna offline ben maggiore), ma quella di THE LOST LEGACY non sfigura nel confronto, anzi risulta fruibilissima proprio perché molto più diretta, pronti via, brillante e dal ritmo serrato, prendendosi comunque la briga di approfondire come si deve le due protagoniste, il che non era certo scontato, così come non è scontato che la saga proceda con Chloe e Nadine lasciando Nathan in panchina, visto che…dai che lo sapete.
Unico neo? E’ il primo capitolo orfano di quel vecchio marpione mangiasigari di Sully, la qual cosa mi ha infastidito non poco, ma pazienza.
Dal predecessore, THE LOST LEGACY eredita personaggi, un motore grafico eccezionalmente ben bilanciato e meccaniche di gioco ormai consolidate, reimpacchettando il tutto in una campagna offline dalla durata sicuramente notevole per un’espansione stand alone (8 ore rigiocabilissime, cotiche!), senza contare il pieno supporto dello spassoso online di Uncharted 4.
Giocabilità e grafica da podio sull’ammiraglia Sony, il tasso di rigiocabilità è alto (io tre giri e mezzo filati glieli ho dedicati), inoltre, a quel prezzo, è praticamente una scelta obbligata.
TASSO DI “DEVO AVERLO” (espresso in gabbiani voraci di Nemo):
"Dove stiamo andando non ci servono…Funghi" |
Certo, i primi vagiti li ho emessi su NES col primo Super Mario Bros., proseguendo in lode e gloria col meraviglioso terzo capitolo, code da procione e cosce di rana comprese nel prezzo, ma non è stato certo sempre tutto rose e fiori, a partire da Super Mario Bros. 2 (per la storia del Doki Doki Panic reimpacchettato ad uso e consumo di noi pippe occidentali fatevi un giro su wikipedia, prego) e proseguendo tra avventure alla lunga mooolto ripetitive.
Tutto questo pippone per dire che si, apprezzo Mario (e il mai abbastanza compreso Luigi) e le sue sgambate multidimensionali ma, in soldoni, non tutto quello che ha un cappello rosso e una salopette luccica a priori.
Flashforward, 33 anni dopo (fischia) passando più volte dalle 2 alle 3 dimensioni, dai kart agli sport vari ed eventuali, dai remake di fatto ai paper/party/galassie di sorta, arriviamo a SUPER MARIO ODISSEY e finalmente il mondo ritorna a girare, o si ritorna a girare i mondi, a seconda.
Mettere le mani sull’ultima avventura del finto italoamericano più famoso del mondo (esistente o meno) è una di quelle cose che ti rimettono in pace con l’universo, che ti ridanno fiducia nell’umanità, a patto che si abbia un cuore e che, dopo decenni di sparatutto online e partite/mazzate varie, questo funzioni ancora.
SUPER MARIO ODISSEY fa parte della corrente dei Mario 3D e (come e più di Mario Galaxy 2) riesce a creare attorno al giocatore un’atmosfera e un universo progettato nei minimi dettagli al solo scopo di fargli inumidire gli occhi ed allargargli un sorriso così in faccia dall’inizio alla fine.
L’emozione di muoversi per questi scenari folli e bellissimi, pieni zeppi di cose da fare, nemici da affrontare e possedere
Certo, quell’idiota di Peach s’è fatta rapire un’altra volta e va ovviamente salvata da quel mostrocoso di Bowser che, a giudicare dal vestito, perlomeno se la vuole portare all’altare stavolta (prima d’inchiappettarsela, chiaro) ma è pur sempre Mario, della storia anche ‘chissene’,
che il vero protagonista è il gameplay, totalmente rinnovato e svecchiato: con la trovata della “possessione” infatti il gameplay si apre a un ventaglio incredibile di possibilità e novità tutte da scoprire, capitolo dopo capitolo.
Titolo imprescindibile per la nuova console Nintendo, gioia per gli occhi e (soprattutto) per il cuore.
TASSO DI “DEVO AVERLO”:
Chi scrive è cresciuto soprattutto col manga, vero libro di testo per l’adolescenza nerd di noi selvaggi 80/90, ma ovviamente anch’io mi sparavo quelle interminabili puntate in tv: inizialmente fu la bellissima e demenziale prima serie sulle reti di terzo/quart’ordine con la sigla giappa originale meravigliosa e la programmazione altamente casuale, poi arrivò Italia1, prese a scatola chiusa tutto il blocco, gli appiccicò un paio di sigle tunz tunz dall’italiano incerto di Giorgio Vanni e voilàt, Dragon Ball Z arrivava finalmente in tutto il paese e fu logicamente successo nazionale.
In tutti questi anni, a partire dallo SNES passando per tutta una serie di console varie ed eventuali, una pletora di giochi tra il meraviglioso ed il pezzente ha riempito i nostri pomeriggi e le nostre case di urla incomprensibili, tornei infiniti, mosse assurdamente devastanti e pad sfondati.
Dopo il doveroso passaggio dal 2D al 3D, ed aver regalato ai giocatori di tutto il mondo titoli indimenticabili quali Budokai Tenkaichi 2 o (perché no) i due buoni Xenoverse, con DRAGON BALL FIGHTERZ c’è stato un ritorno alle origini: il picchiaduro di Arc System Works, padri dei Guilty Gear e dei BlazBlue, si presenta in una strabiliante grafica 2D che sembra presa di peso dall’anime, anzi, molto meglio, sembra una meravigliosa cover in movimento continuo.
Una roba talmente spaccamascella che messa a confronto con un episodio dell’anime qualsiasi, il primo vince a tavolino e si porta pure a casa il pallone. Cioè, giudicate voi:
I ragazzi di Arc System però non si accontentano di tirare fuori un ottimo picchiaduro a incontri 3v3(parecchio più tecnico e profondo di quanto non appaia al primo giro di valzer) appeso alla solita modalità arcade, ma confezionano quella che probabilmente è lo story-mode più longevo nella storia del genere.
A dirla tutta, pure troppo, visto che per portarlo a termine al 100% occorrono non meno di 10 ore, che far evaporare quel cacchio di Androide n.21 non è ovviamente così semplice.
Niente di trascendentale, ve lo concedo, le tre storyline s’intrecciano un po’ alla cazzomannaggia ma sono comunque un buon pretesto per portare avanti la storia, e il tutto risulta studiato a tavolino per farci spremere un po’ tutti i personaggi del gioco (al momento il roster conta 24 ammazzasette, in attesa dei DLC), in modo da trovarci preparati una volta imboccato quel tunnel senza uscita che sono poi gli scontri online.
In appendice una modalità Torneo, una ovvia modalità Arcade e un sacco di robetta e robaccia da sbloccare con la moneta di gioco tipo avatar, sticker, repaint dei costumi utilizzabili e stronzatine varie per le quali i giappi vanno notoriamente fuori di testa.
DRAGON BALL FIGHTERZ pesca dal pollaio dei fan di Dragon Ball e da quello degli amanti del picchiaduro, certo come per tutti gli esponenti del genere alla lunga risulterà ripetitivo, ma è di sicuro un degno esponente del genere che merita parecchie delle vostre ore di veglia.
TASSO DI “DEVO AVERLO”:
2D quanto vuoi, ma una kamehameha in faccia fa sempre male |
Chi scrive è cresciuto soprattutto col manga, vero libro di testo per l’adolescenza nerd di noi selvaggi 80/90, ma ovviamente anch’io mi sparavo quelle interminabili puntate in tv: inizialmente fu la bellissima e demenziale prima serie sulle reti di terzo/quart’ordine con la sigla giappa originale meravigliosa e la programmazione altamente casuale, poi arrivò Italia1, prese a scatola chiusa tutto il blocco, gli appiccicò un paio di sigle tunz tunz dall’italiano incerto di Giorgio Vanni e voilàt, Dragon Ball Z arrivava finalmente in tutto il paese e fu logicamente successo nazionale.
In tutti questi anni, a partire dallo SNES passando per tutta una serie di console varie ed eventuali, una pletora di giochi tra il meraviglioso ed il pezzente ha riempito i nostri pomeriggi e le nostre case di urla incomprensibili, tornei infiniti, mosse assurdamente devastanti e pad sfondati.
Dopo il doveroso passaggio dal 2D al 3D, ed aver regalato ai giocatori di tutto il mondo titoli indimenticabili quali Budokai Tenkaichi 2 o (perché no) i due buoni Xenoverse, con DRAGON BALL FIGHTERZ c’è stato un ritorno alle origini: il picchiaduro di Arc System Works, padri dei Guilty Gear e dei BlazBlue, si presenta in una strabiliante grafica 2D che sembra presa di peso dall’anime, anzi, molto meglio, sembra una meravigliosa cover in movimento continuo.
Una roba talmente spaccamascella che messa a confronto con un episodio dell’anime qualsiasi, il primo vince a tavolino e si porta pure a casa il pallone. Cioè, giudicate voi:
I ragazzi di Arc System però non si accontentano di tirare fuori un ottimo picchiaduro a incontri 3v3(parecchio più tecnico e profondo di quanto non appaia al primo giro di valzer) appeso alla solita modalità arcade, ma confezionano quella che probabilmente è lo story-mode più longevo nella storia del genere.
A dirla tutta, pure troppo, visto che per portarlo a termine al 100% occorrono non meno di 10 ore, che far evaporare quel cacchio di Androide n.21 non è ovviamente così semplice.
Niente di trascendentale, ve lo concedo, le tre storyline s’intrecciano un po’ alla cazzomannaggia ma sono comunque un buon pretesto per portare avanti la storia, e il tutto risulta studiato a tavolino per farci spremere un po’ tutti i personaggi del gioco (al momento il roster conta 24 ammazzasette, in attesa dei DLC), in modo da trovarci preparati una volta imboccato quel tunnel senza uscita che sono poi gli scontri online.
In appendice una modalità Torneo, una ovvia modalità Arcade e un sacco di robetta e robaccia da sbloccare con la moneta di gioco tipo avatar, sticker, repaint dei costumi utilizzabili e stronzatine varie per le quali i giappi vanno notoriamente fuori di testa.
DRAGON BALL FIGHTERZ pesca dal pollaio dei fan di Dragon Ball e da quello degli amanti del picchiaduro, certo come per tutti gli esponenti del genere alla lunga risulterà ripetitivo, ma è di sicuro un degno esponente del genere che merita parecchie delle vostre ore di veglia.
TASSO DI “DEVO AVERLO”:
Forse quello che potrebbe attirarmi fortemente è l'ultimo, veramente fatto bene cacchio!
RispondiEliminaFighterZ è una gioia per gli occhi, garantito, ha una buona curva di apprendimento, bello impegnativo a livelli PRO e se sei fan è, ovviamente, un valore aggiunto non da poco ;)
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