martedì 6 dicembre 2016

SNOWDEN - LA RECENSIONE SENZA SPOILER



Non è un documentario, ma è tratto da una storia vera.
Non è un thriller, ma un po’ di angoscia te la mette addosso lo stesso.
Non è un uccello, se per questo manco un aereo, ma è comunque un’altra storia.
Per tutti i fan del
gombloddoh!! che in effetti c’è stato (e con ogni probabilità c’è ancora) arriva SNOWDEN, il nuovo film di Oliver Stone.
Vogliamo parlarne? E parliamone…

Edward Snowden, simpatico sfigatello interpretato dalle orecchie a teiera di Joseph Gordon-Levitt, è un giovane patriottico intenzionato ad entrare nell’esercito degli Stati Uniti, ma la struttura ossea da fagoloso, la sfiga e una tibia in frantumi lo dirotteranno invece verso la CIA.
La sua eccellenza in campo informatico e la sua spiccata intelligenza gli permetteranno di fare strada, fino a quando non si accorgerà di qualcosa di veramente marcio e malato nel sistema di raccolta delle informazioni dell’Intelligence, anche e soprattutto nei confronti dello stesso popolo americano.
Questa consapevolezza, nel corso degli anni, gli porterà una serie di sfighe più o meno grandi, fino a che non si renderà conto di essere nella posizione di poter agire per cambiare finalmente le cose.



Tutto questo preambolo non è uno spoiler sulla trama, e non lo è per una semplice ragione: quella che Oliver Stone (
Platoon, Wall Street, The Doors, JFK) porta sullo schermo è la vita di Snowden così come raccontata dallo stesso protagonista e trattata nei libri The Snowden Files e Time of the Octopus, una vicenda scottante fin troppo di attualità che Stone, a differenza del documentario Premio Oscar 2015 Citizenfour di Laura Poitras, non si fa problemi a sbatterti in faccia dura pura e cruda, entrando schietto e violento nella questione e tirando sotto tutti come un treno.
E con tutti intendo proprio tutti: CIA, NSA, Governo USA, tutti, si fanno nomi e date perché ricordatevi che, quando il Gigante viene punzecchiato sul vivo, dietro ci sono sempre o Michael Moore o Oliver Stone. Garantito.



Il mezzo cinematografico viene utilizzato sapientemente per arricchire la vicenda Snowden e permettere al pubblico di sviluppare una maggior empatia per la sua storia, per la scelta morale che ha compiuto a discapito della sua stessa sicurezza, senza aggiungere scene d’azione forzate per far sembrare il suo protagonista un action hero da discount, principalmente perché, beh, non lo è.
Edward Snowden è principalmente un uomo comune, un genio informatico che si trova nella spiacevole posizione di dover scegliere tra ciò che è facile (fare il suo lavoro e lasciar inguaiare la privacy di tutti quanti) e ciò che è giusto (sputtanare le più importanti agenzie d’Intelligence davanti al mondo intero e rischiare di persona, magari rimettendoci pure la pelle), e questo il film lo mette perfettamente nero su bianco: le ansie, le incertezze, le paranoie, la paura, i tentennamenti, senza dover per forza farlo saltare da un palazzo all’altro in fuga dagli agenti speciali o chissà che.



Certo se si sta cercando un film adrenalinico o un thriller d’impatto alla
Seven si dovrà cercare per forza di cose da un’altra parte: il film di Stone punta decisamente tutto sull’angoscia del protagonista, sul senso di oppressione e sull’ansia di essere scoperto, e quest’ansia riesce perfettamente a trasmettertela allo spettatore, zoppicando per contrasto sul ritmo che la pellicola inevitabilmente deve tenere.
Fortunatamente il cast riesce egregiamente a reggere la baracca, a partire da Joseph Gordon-Levitt che, per quanto continui a ritenerlo un attore ampiamente sopravvalutato, sarà per somiglianza fisica o proprio per quella sua apparente apatia inespressiva, sembra essere nato per il ruolo.
Tanti i grandi nomi in ballo, tutti molto in parte, da un granitico e bravissimo Rhys Ifans al sempre adorato Tom Wilkinson, da quella faccia da perfetto stronzo di Timothy Olyphant a un simpatico Nicolas Cage, passando per le particine dei bravi Melissa Leo e Zachary Quinto.



Continuerò a calare un velo pietoso su Shailene Woodley e sulle sue presunte nonché sbandieratissime capacità recitative. Tutta colpa delle stelle (cadenti).
SNOWDEN fa parte di quel cinema di denuncia che pochi eletti, ai margini di quella zona calda del panorama cinematografico mondiale dominata da blockbuster/reboot/remake/filmconadamsandler, portano strenuamente avanti per non relegare il cinema a mero intrattenimento per le masse.
Ma anche senza scene d’azione, anche sotto il peso di una struttura volutamente ripetitiva e alienante nel suo concatenarsi di sfighe e ripensamenti, SNOWDEN riesce a toccare le corde giuste restando estremamente fedele alla realtà dei fatti diventandone cronaca effettiva e denuncia aperta.
Non il film più facile di Stone, né di sicuro il più riuscito, ma senza dubbio una buona prova d’autore.
Plus: la neo-sconfitta Clinton ne esce anche qui, proprio sui titoli di coda, con un’ennesima figura di merda non indifferente.
E’ proprio il tuo anno, Hillary!



IN BREVE: Cronaca di uno dei capitoli più incresciosi di sempre sul discorso privacy mondiale raccontato attraverso gli occhi e la voce di uno che c’era dentro fino al collo e se n’è chiamato fuori.
L’Intelligence USA non l’ha presa proprio bene.
 
Tra il didascalico e il documentaristico, buoni interpreti, regia ispirata, i complottisti ringraziano.
VOTO, SE PROPRIO DOBBIAMO FARE NUMERO: 7 ½

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