venerdì 17 febbraio 2017

SPLIT - LA RECENSIONE SENZA SPOILER



E’ stato debilitante, ma ce l’abbiamo fatta.
L’
Operazione Recupero termina ufficialmente qui e oggi con la recensione di SPLIT, ed era pure ora, che per recuperare tutto (o quasi, spiacente Allied) mi sono dovuto tipo sdoppiare in quattro come Michael Keaton, solo che poi è arrivato sto tizio con 23 personalità e niente, umiliato, partita vinta a tavolino.
Per cui bando alle ciance, urliamo forte SHAMALAYAAAAN! e vediamo se almeno stavolta il regista più sopravvalutato del mondo l’ha messa nel sette.


Come avrete capito non sono proprio quello che si definirebbe un estimatore di M. Night Shyamalan, non ho apprezzato
Il Sesto Senso, The Village o Sings come invece ha fatto, ehm, la metà del mondo civilizzato, e non tanto per la messa in scena in sé o per il suo tocco autoriale (notevole, in alcuni casi più che in altri) ma proprio a causa di quella che viene consideratala sua caratteristica più peculiare: il cosiddetto Shyamalan Twist.
Non mi capacito di quel che possa sorprendere la suddetta metà del mondo civilizzato, ma la prevedibilità dei suoi colpi di scena è sempre stata per me snervante, a metà film capivi dove volesse andare a parare e avere ancora un’ora davanti per arrivare a un sorpresone che sorpresone non lo era più, a maggior ragione consci del fatto che oltre a quello non c’era altro, beh, mi ha sempre innervosito oltre misura.
L’unico film di SHAMALAYAAAAN! che considero davvero ben fatto è
Unbreakable, e qui veniamo a noi perché SPLIT, pur non essendo chissà quale filmone rivoluzionario e portandosi dietro diversi problemi non da poco, è un film onesto che si lascia vedere dall’inizio alla fine senza mai annoiare, e se lo fa bisogna ringraziare soprattutto James McAvoy.



Il film poggia tutto sulle sue spalle palestrate ma soprattutto sulla sua ecletticità, sulla capacità di cambiare registro da una personalità all’altra, passando dall’artista tormentato alla signora impettita al ragazzino timido al maniaco germofobico in un niente, una prestazione impressionante e molto intensa che da sola varrebbe il film e che conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, che il pazzo maniaco gli esce sempre da dio.
Il nostro Kevin, giovane affetto da disturbo dissociativo della personalità, rapisce tre studentesse a suo dire impure per tenerle segregate in attesa di essere “sacrificate per uno scopo più grande”.
Non tutte le 23 personalità di Kevin sono d’accordo con questo gesto, all’interno della sua mente è in atto una guerra perché ognuna di esse possa venire “alla luce” e le tre ragazze dovranno sfruttare questa debolezza per trovare una possibilità di salvezza.



Ambientato fondamentalmente un quattro stanze e in un paio di corridoi asfittici, SPLIT gioca bene la carta di un incipit molto semplice e disturbante con un buon crescendo in atmosfera e qualche buon momento di tensione, arrivando ad una parte finale parecchio fuori contesto ma gestita meglio di quanto ci si possa aspettare, il film infatti riesce a cambiare pesantemente registro (come il suo protagonista) senza perdersi lo spettatore per strada e spalancando una porta ad un seguito che ora, lo ammetto, sono molto curioso di vedere.
Tratto molto liberamente dalla storia vera di Billy Milligan (inquietante a dir poco, recuperatela) il film di Shyamalan è notevole per diversi aspetti quanto debole in altri, primo su tutti, nonostante le atmosfere opprimenti col quale gioca così bene, il fatto che in fin troppe occasioni il buon Kevin ti diventi addirittura simpatico: i cambi repentini di vocette da un personaggio all’altro, oltre al fatto che la personalità da Bimbo Gigi sia per sua natura decisamente scema e ridicola, azzoppano quella tensione che avrebbe dovuto essere la personalità dominante del film.



Altra figura interessante ma sfruttata male (leggi: fa la figura dell’idiota, e lo capisci da subito) è quella dell’anziana psicologa che, per quanto riesca a rendersi utile quando serve, passa l’intero film a sospettare del suo assistito senza però fare nulla di concreto per molto, troppo tempo, il gioco di luci ed ombre tra lei e le personalità di Kevin è interessante ma nell’economia della storia risulta perennemente in stallo, quasi fosse mero riempitivo per il minutaggio o l’ennesima vetrina per le capacità di McAvoy.
Questi rimangono sicuramente i difetti più evidenti di un film che avrebbe potuto essere molto più angosciante, e in questo il doppiaggio italiano c’ha messo molto del suo, ma nonostante tutto non mi sento di bocciare SPLIT: sarà per la sua natura da film a basso budget gestito bene, sarà per la bravura di McAvoy (sempre adorato sto’ ragazzo)


sarà perché alla fine molti nodi e dettagli tornano al pettine ridisegnando un quadro studiato molto bene nella sua interezza, sarà che l’ultima scena prima dei titoli mi ha galvanizzato al pari di un Nick Fury che alla fine di Iron Man ti butta lì un’Iniziativa Vendicatori precipitandoti la mascella a terra, ma personalmente non posso dire di non averlo apprezzato.
Shyamalan continua a sembrarmi un regista ampiamente sopravvalutato, SPLIT non sarà il suo miglior film (quello esiste già, e non è
Il Sesto Senso) ma di sicuro sa intrattenere, e nonostante una certa ripetitività nella parte centrale le due ore di durata scorrono bene, quella sterzata decisa nel finale spiazza il giusto e quella ciliegina nostalgica all’ultimo è una dichiarazione d’amore e d’intenti che ci sta da dio.
Ti darò un’altra possibilità, Ciccio, vedi di non tirarmi fuori un’altra minchiata alla The Village, grazie.



IN BREVE: Thriller psicologico e d’atmosfera diretto molto bene, sceneggiatura semplice ma solida, un protagonista eccezionalmente in parte/i e una fase conclusiva decisamente spiazzante. Poteva essere molto più angosciante e alcuni aspetti potevano essere gestiti meglio, ma in definitiva un buon film. Chicca finale da spettacolo puro (per chi può apprezzare) 
VOTO, SE PROPRIO DOBBIAMO FARE NUMERO: 7

2 commenti:

  1. Azzo, un voto pure alto gli hai dato.
    No, per me è un 3 e mezzo come film in sé, e un 7 potrebbe essere solo se vengo a scoprire che il regista lo fa apposta a fare film così senza senso, magari per creare un suo (orribile) universo narrativo cinematografico.
    Vedremo, vedremo :)

    Moz-

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    Risposte
    1. Non mi sembra un voto alto, ma si la sufficienza la prende e la supera in scioltezza.
      Ha i suoi problemi (esposti in rece) e quelli sono lì da vedere, non è certo un filmone da portarsi nel cuore, ma intrattiene bene, ha un protagonista bravissimo, un buon ritmo, un cambio di tono magistrale nel finale e la ciliegina sulla torta all'ultimo secondo che, cazzo si, funziona benissimo.
      Un suo personale Universo Narrativo Cinematografico? Non è più un mistero ormai, è già pronta la sceneggiatura del Terzo Capitolo ;)

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